benedettosedicesimo

5.14.2005

Una sintesi efficace

di Stefano Fontana


Nel libro-intervista "Varcare la soglia della speranza", Vittorio Messori chiese a Giovanni Paolo II quale fosse la frase del Vangelo a lui più cara. Il Papa rispose: "La verità vi farà liberi". Amo immaginare che anche l'allora cardinale Ratzinger, oggi Benedetto XVI, avrebbe risposto allo stesso modo. E non solo in senso strettamente religioso, ma anche in ordine ai problemi sociali e politici. Si può dire, infatti, che esista già un cospicuo "corpus" di riflessioni sia di Ratzinger teologo e filosofo, sia di documenti della Congregazione per la dottrina della fede - di cui l'attuale Pontefice è stato per molti anni prefetto - che possiamo chiamare di magistero sociale. Questo magistero trova una sintesi efficace nella denuncia della "dittatura del relativismo", potentemente evocata nella messa "pro eligendo Pontifice". L'espressione ha fatto il giro del mondo, perché tutti i riflettori erano puntati lì, ma non è una novità del pensiero sociale e politico del nuovo Papa.
La libertà si fonda sulla verità. La libertà di coscienza, la libertà di cultura e la libertà di religione non si basano sull'equivalenza delle idee, delle culture e delle religioni, ma su una verità rocciosa: la trascendente dignità della persona umana. Nell'opposizione al relativismo in tutti questi campi, il cardinale Ratzinger, sia come pensatore sia come prefetto, ha tracciato linee chiare circa il rapporto interreligioso, quello interculturale e sul concetto di laicità della politica. La "Nota dottrinale" del 2002 della sua Congregazione chiarisce che di quella trascendente dignità ha bisogno anche la società e la politica, per agganciare i diritti della persona a un fondamento assoluto e impedire che essi vengano manipolati a piacere. Nel suo libro "Verità, tolleranza, religioni" spiega che "non sarebbe difficile dimostrare che la concezione del singolo come persona e la tutela del valore della dignità d'ogni persona non si possono sostenere senza che siano fondati sull'idea di Dio". Aggiungendo, poi, che non tutte le religioni sono in grado di garantire quella trascendente dignità in egual modo. Una religione dell'incontro personale con Dio, come quella cristiana, lo fa senz'altro meglio, poniamo, di una religione che spera nell'annegamento nell'indistinzione. Una religione storica e una fede sposa della ragione possono assolvere meglio questo compito di una religione o fede che invece non hanno conosciuto nessun incontro storico con Dio e pretendono di smemorare l'uomo in un misticismo sincretistico.
Qualcuno ha scritto in questi giorni, ricchi di parole sul nuovo Papa, che la frontiera di Benedetto XVI sarà sì la fede, ma soprattutto la ragione. È condivisibile, anche se sarebbe meglio dire: una fede che sposa la ragione, una "fede adulta" come disse Ratzinger nella sua ultima omelia da cardinale. Nei suoi lavori teologici e filosofici c'è la passione dell'unità della verità e, quindi, l'idea che l'incontro tra cristianesimo e pensiero greco sia stato provvidenziale, che l'incontro del cristianesimo con le culture avviene nella verità, e che il razionalismo è, in fondo, una nuova fede, totalitaria e intollerante.
Secondo Ratzinger, la pretesa di una laicità senza Dio, ossia di una assolutezza della conoscenza razionale, è altrettanto "assoluta" quanto la pretesa, da essa criticata, di una presenza confessionale nella storia: "Anche l'emergere di una impostazione basata su una concezione della realtà rigorosamente razionale ha una sua propria assolutezza, l'assolutezza della conoscenza razionale, la tesi dell'esclusiva validità del conoscere scientifico e, di conseguenza, diventa contestazione dell'assolutezza religiosa".
La laicità, così intesa, non è, come spesso si ritiene, una forma di "neutralità" o di "obiettività". È, invece, una presa di posizione (assoluta), che può esercitare una forma di intolleranza non meno grave e pericolosa di quella che spesso si attribuisce alla religione. Può essere una presa di posizione dogmatica che afferma: nel campo pubblico non si devono dare verità di tipo religioso. Comunemente la si chiama laicismo e secondo Benedetto XVI: "Per il futuro della religione e delle sue chances nell'umanità, assumerà importanza decisiva il modo in cui la religione sarà in grado di impostare il suo rapporto con questa via".
L'idea dello spazio pubblico neutro dalle religioni si fonda sulla "dittatura del relativismo" e lo Stato che lo attua presume di creare spazi di libertà mentre in realtà impone questa dittatura.
La rivendicazione del valore pubblico del cristianesimo aiuta la società a trovare il suo senso e la sua libertà.