benedettosedicesimo

5.04.2005

Ravvivare il Concilio

Intervista a Giuseppe Savagnone


Fin dal primo messaggio, Benedetto XVI indica nel Concilio Vaticano II la "base" per il dialogo con gli uomini nel nostro tempo, tra le "nuove istanze" della Chiesa e quelle della "società globalizzata"…

"Credo che uno dei tratti distintivi di Joseph Ratzinger, in tutta la sua attività che ha preceduto la sua elezione al soglio di Pietro, sia stato – e rimanga - il costante tentativo di mostrare che il cristianesimo è una risposta adeguata ai problemi dell'uomo di oggi. Non ci può essere un'adeguata evangelizzazione senza la comprensione delle categorie del mondo contemporaneo: questo 'spirito' del Concilio è anche un'eredità di Giovanni Paolo II, che aveva la percezione netta che il Vaticano II andasse ripreso e attualizzato. Papa Ratzinger, come il suo predecessore, si pone il problema di dare reale attuazione al Concilio, che in larghissima misura è rimasto lettera morta. Dopo il papato di Giovanni Paolo II, ed il suo preziosissimo impegno missionario, credo che questo papato si caratterizzerà per una maggiore attenzione alle vicende interne della comunità cristiana: dalla Curia, campo delicatissimo e forse bisognoso di un forte rinnovamento, alle nomine dei vescovi, alla reale valorizzazione del laicato…".


Papa Ratzinger interpreta i funerali di Giovanni Paolo II come "richiesta d'aiuto" da parte dell'umanità, in cerca di punti di riferimento. Proporre Cristo "a tutti", anche alle altre religioni e a chi è "in ricerca", è segno di una visione di Chiesa troppo "rigida"?

"A mio avviso, la critica che Ratzinger ha sempre mosso al relativismo assoluto è motivata. Il cristiano è tale perché pensa che Cristo sia il culmine e la pienezza della rivelazione di Dio: ma ciò non significa 'buttare a mare' le altre religioni o bollarle come false. Già la dichiarazione conciliare 'Nostra Aetate' osservava che c'è un raggio di verità in tutte le religioni, e che pur non essendo possibile equiparare le altre religioni al cristianesimo occorre aprirsi alle altre religioni, nella misura in cui esse esprimano una verità: la stessa che la Chiesa cattolica deve continuamente cercare. Senza verità, il dialogo diventa un negoziato tra potentati: per il cristianesimo, verità e amore coincidono. Per questo non c'è separazione tra fede e vita, tra ragione e vita: proprio grazie al nesso inscindibile tra fede e ragione - ha insistito a più riprese Ratzinger – il cristianesimo può essere proposto a tutti gli uomini, e non solo ai membri di una determinata cultura o tradizione".


Nel messaggio, tra le priorità "culturali" del pontificato emerge anche il "dialogo tra civiltà"…

"Soprattutto dopo Giovanni Paolo II, il papato non può che essere planetario. Anche qui, l'invito di Ratzinger a 'ritrovare' la nostra identità non porta a nessuna 'crociata' contro chi è diverso da noi. Qualunque forma di fondamentalismo (anche cristiano) nasce, infatti, non dall'eccesso, ma dalla crisi di verità, dall'insicurezza, dalla mancanza di identità; chi è se steso serenamente, può 'rischiare' di aprirsi agli altri senza paura di essere inghiottito da essi. Uno degli indubbi meriti del pontificato di Giovanni Paolo II è stato quello di evitare uno scontro di civiltà, con la ferma posizione assunta sulla guerra in Iraq: tocca ora a Benedetto XVI ereditare questo impegno, in uno scenario planetario globalizzato, dove non esistono più scontri tra nazioni ma occorre essere 'custodi della pace' in un senso molto più ampio di quello a cui si riferiva Benedetto XV".

Il primo testo papale si conclude con un appello ai giovani: lo "stile" del nuovo Papa può convivere, e come, con l'"eredità" lasciata da Giovanni Paolo II in questo ambito?
"La 'sfida' tra i due Papi nasce dal temperamento: Benedetto XVI non è, forse, una personalità prorompente o comunicativa come quella del suo predecessore. Lo è, però, in un altro modo: con il riserbo, con il silenzio, con la parola molto misurata… Anche questo nuovo stile può 'parlare' ai giovani, perché costituisce una buona integrazione dell'entusiasmo estremo che suscitava Giovanni Paolo II tra le nuove generazioni. Quello tra Benedetto XVI e i giovani sarà, probabilmente, un incontro che chiederà ai ragazzi un passo avanti, ma che nello stesso tempo li renderà a loro volta più capaci di percepire ciò che non è immediatamente percepibile…".