benedettosedicesimo

4.23.2005

Così il cardinale Martini elogia Ratzinger teologo, professore e prefetto.

“La passione per la verità, che Joseph Ratzinger ha testimoniato coerentemente in tutti questi anni, va intesa come risposta al ‘debolismo’ della postmodernità”. Potrà sembrare strano ma questo giudizio lusinghiero del porporato che l’altro ieri è stato eletto Papa e ha scelto il nome di Benedetto XVI appartiene al cardinale Carlo Maria Martini, l’arcivescovo emerito di Milano che le cronache dei giorni scorsi avevano dipinto come il contraltare scelto dalla componente liberal del Sacro Collegio per impedire l’accesso del già prefetto dell’ex sant’Uffizio al soglio di Pietro. Le parole di Martini si trovano in una breve testimonianza su Ratzinger titolata significativamente “Un servitore della fede e della tradizione”, e scritta per il volume “Alla scuola della verità”, una miscellanea pubblicata dalla San Paolo nel 1997 per i 70 anni del porporato tedesco. La miscellanea in questione venne solennemente presentata il 22 dicembre di quell’anno nella Basilica di Santa Maria in Trastevere con una manifestazione curata dalla Comunità di sant’Egidio e dall’allora segretario particolare del cardinale Ratzinger, monsignor Josef Clemens, oggi vescovo e segretario del pontificio Consiglio per i laici. Tra gli oratori chiamati a presentare il volume ci furono il professor Andrea Riccardi, fondatore della Comunità, e il presidente emerito Francesco Cossiga. Particolarmente interessante la relazione di Riccardi tutta centrata sulla “romanità” del cardinale Ratzinger.
La miscellanea “Alla scuola della verità” conserva il suo interesse perché presenta contributi firmati da numerose personalità laiche ed ecclesiastiche scritti in tempi in cui era difficile immaginare che il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede sarebbe diventato un giorno papa Benedetto XVI. Nonostante il titolo del contributo di Riccardi (Il progetto di un futuro Papa), a posteriori suggestivo, ma che in realtà sembrava limitarsi a descrivere l’atteggiamento degli ultimi pontefici nei confronti dell’Europa.
Particolarmente interessanti risultano i contributi di numerosi e titolati ecclesiastici come quello dell’allora rettore della Lateranense e oggi cardinale patriarca di Venezia Angelo Scola, o quello del cardinale di Colonia Joachim Meisner, o quello del cardinale di Parigi – oggi emerito – Jean-Marie Lustiger, o quello del cardinale di Monaco Friedrich Wetter. Senza contare poi le testimonianze del fratello Georg Ratzinger e del rabbino statunitense Jacob Neusner, uno dei numerosi esponenti dell’ebraismo con cui il neo Papa intrattiene rapporti di stima e di amicizia.

Una conoscenza che risale agli anni 60
Indubbiamente però, anche alla luce delle voci che hanno accompagnato il Conclave appena concluso, il testo della miscellanea che acquista un particolare interesse è quello del cardinale Martini. In esso il biblista che ha guidato l’arcidiocesi di Milano dal 1980 al 2002 traccia sinteticamente ed efficacemente la storia dei suoi contatti con il cardinale Ratzinger. Contatti che risalgono alla fine degli anni Sessanta quando Martini comincia a leggere l’“Introduzione al Cristianesimo” del teologo Ratzinger e poi partecipa a una lezione sull’Eucaristia tenuta a Münster dal professor Ratzinger. La conoscenza personale tra i due big della Chiesa universale, sempre secondo il racconto che ne fa Martini, risale però al 1980, durante il Sinodo sulla famiglia, per poi diventare più frequente quando Ratzinger nel 1982 arriva a Roma per guidare l’ex Sant’Uffizio. E in questo contesto arrivano i complimenti. “Egli – scrive Martini riferendosi a Ratzinger – ha sperimentato nelle università tedesche degli anni Sessanta e dell’inizio degli anni Settanta, le conseguenze di atteggiamenti troppo disinvolti e facili, in particolare degli studenti, verso le ricchezze della tradizione”. Martini poi non nasconde il fatto che Ratzinger possa aver affrontato “casi dolorosi”, che, “col senno di poi”, si sarebbero potuti trattare “in altro modo”. “Ma – conclude – il senno di poi è dato ai posteri, mentre ai contemporanei si richiede di agire ciascuno nel massimo della buona coscienza e della competenza. In queste cose Joseph Ratzinger ci è di modello e di stimolo”.