Non cercava simpatia. Eppure lo hanno votato
di Maurizio Blondet
"Josephum..." Basta che il cardinal Medina pronunci il nome, ed è il tuffo al cuore. È lui, non c’è dubbio. Dai televisori accesi in redazione la folla romana tuona ed esulta a San Pietro, come nei tempi antichi; qui fra noi c’è un istante in cui diventiamo muti, è la storia che ha battuto un colpo. Si sente che il brevissimo conclave ha fatto la scelta forte. «Ratzinger», finiamo per sussurrare in due o tre, come a confermarlo a noi stessi. «Un Papa tedesco», dice una collega, come incredula. «Ma quale tedesco! È romano», rimbecca un altro. «E anche Sant’Ambrogio, non era tedesco?», nota un altro. «L’Europa», diciamo in tanti: «La "vecchia" Europa». Affascinati lo vediamo apparire al balcone, la familiare figura ora del tutto nuova. Alza le mani in un saluto che ha qualcosa di studentesco – perché attorno a Ratzinger c’è sempre stata come un’aria di studente di università medievale, uno di quelli col cappello a lunga punta, giovani e teologi, che erravano da Parigi a Pavia dietro maestri come Tommaso ed Anselmo – ma il suo sorriso mite e ben noto è un poco tirato. La croce, quella croce di Pietro, è già sulle sue spalle. Ma con quella croce è la gioia, e questo è il momento della gioia, e lui è lieto sotto il legno invisibile, pesante, con cui dovrà avanzare nel futuro che tutti ci attende. Il nome, il nome, zitti... «Benedictus decimus sextus...». Ed è anche questo un segno forte, ardito. Un salto all’indietro, scavalcando i Pii, i Giovanni, i Paolo e Giovanni Paolo, verso... Verso che? «Cosa fece Benedetto XV», ci domandiamo in fretta. «Era il Papa che chiamò la Grande Guerra l’inutile strage». Passano sullo schermo mentale immagini della Belle Epoque annegata nel sangue, l’immane barbarie in cui l’Europa si dissanguava con furia e bieco entusiasmo perfino, i filmati grigi di quel vecchio Papa che levò la voce della verità. Ancora la "vecchia" Europa, l’Europa come centro del Cristianesimo e che stava già diventandone la tomba, e che deve tornare centro. «Una scelta pre-conciliare», azzarda qualcuno. «San Benedetto: il patrono d’Europa», ricorda un altro. Ancora l’Europa. Silenzio, parla. «Cari fratelli e sorelle», comincia lui (Benedetto, ci dovremo abituare) con la sua voce non forte, da studioso che non ha mai gridato, «dopo il grande papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me, semplice umile lavoratore nella vigna del Signore». Le vocali dure, da studente alto-medievale. «Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare, agire, anche con strumenti insufficienti». «Tipico Ratzinger: semplice, conciso». «Anti-retorico». «Non cerca simpatia». Se ci si pensa, davvero, è incredibile. Dalla morte di Papa Wojtyla, Ratzinger non ha fatto nulla per ingraziarsi i cardinali. Al contrario. «Quanta sporcizia c’è nella Chiesa! Quanta superbia, quanta autosufficienza!». E la Chiesa, l’ha chiamata «una barca che fa acqua», un campo con «più zizzania che grano». Nessun candidato in campagna elettorale, in nessun governo umano, direbbe cose così dure e recise ai suoi elettori. Lui le ha dette, e i cardinali hanno scelto lui come Pontefice e guida. Quell’uomo così calmo, così intimamente sereno, e così soavemente estraneo a concessioni. «Ora procediamo alla benetikzione», dice breve e calmo il nuovo Benedetto XVI, e come se mettesse mano all’inizio di un lungo lavoro, ecco che pronuncia in quel latino dalle consonanti dure (forse così parlava Ambrogio di Treviri): «...Indulghentiam...kor semper paenitens...finalem perseveranktiam...». Ci segnamo, certi che la Croce è in buone mani.
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