benedettosedicesimo

4.21.2005

Col suo «Wojtyla» la Germania riscatta il rimorso perenne

di Marina Verna


La Germania, stupefatta e grata, scopre che un tedesco può essere la grande autorità morale del mondo. A questa elezione credevano pochi, ancor meno dopo che domenica un giornale inglese - il «Sunday Times» - aveva dedicato una pagina intera all’arruolamento forzato, a 12 anni, nella gioventù nazista del cardinal Ratzinger. Ancora una volta, i tedeschi come pietra dello scandalo. Ancora una volta, il passato che non passa. E invece proprio l’uomo che incarna, sin dalla sua giovinezza bavarese, la Germania del XX secolo, diventa chi darà lezioni di morale al mondo intero.

Non è un caso che il cancelliere Gerhard Schroeder - che aveva voluto partecipare a Roma ai funerali di Giovanni Paolo II - abbia subito definito «un grande onore per la Germania» l’elezione di Joseph Ratzinger a nuovo Papa. «Mi felicito con lui a nome del governo federale e di tutti i cittadini», ha detto. E aggiunto: «Mi rallegro fin d’ora di poter incontrare il nuovo capo della Chiesa cattolica alla Giornata della gioventù in programma nel prossimo agosto a Colonia». Sarà probabilmente questo uno dei primi viaggi di Benedetto XVI. La Germania, che l’8 maggio ricorderà il 60 anni della sua capitolazione, non poteva trovare assoluzione più grande. Una ricompensa per tutto il lavoro di rielaborazione del suo passato, per tutta l’immane fatica di chiedere perdono e portare il fardello del colpa.

Benedetto XVI - un nome che non ha stupito chi conosce bene Joseph Ratzinger - riassume in sé settant’anni di storia tedesca. Viene dalla Baviera profonda, pia e morale. Conservatrice perché rocciosamente convinta dei suoi valori. Non aperta come la regione del Reno. Il cardinale di Magonza e presidente della Conferenza dei vescovi, Karl Leehmann, non è amico del nuovo Papa. Tra i pastori tedeschi, a sera solo il cardinal Meisner, di Colonia, s’è manifestato: «Sono molto contento. Ogni cristiano deve accettare e conservare il Vangelo. Il cardinal Ratzinger per noi teologi è come un Mozart della teologia».

È dalla Baviera dov’è nato che il nuovo Papa ha ricevuto l’imprinting che lo ha fatto diventare quello che è. Joseph Ratzinger ha dovuto vivere sulla sua pelle tutte le pene del suo popolo, e distaccarsene, per potergli offrire il riscatto, adesso che i tempi sono maturi e che l’elaborazione del passato sta giungendo a compimento. È nato da un padre piccolo impiegato statale - gendarme nelle caserme della campagna, eppure mai iscritto a nessuna associazione nazionalsocialista - e da una madre che andava con il rosario alle inevitabili riunioni delle associazioni hitleriane.
All’età di 12 anni, la direzione del seminario dove studia lo iscrive - come da obbligo - alla gioventù hitleriana, ma appena il collegio viene chiuso e trasformato in ospedale per feriti di guerra lui non frequenta più le riunioni anche se, ricorderà nella sua autobiografia, questo gli sarebbe costato la riduzione delle tasse scolastiche. Va in guerra come aiutante nella contraerea, ma appena torna va a studiare in seminario. Si laurea in teologia e comincia una vita di pensiero e di penitenza. A Friburgo prima, in Baviera poi. Partecipa al Concilio Vaticano II, ma poi diventa il custode della tradizione più conservatrice. La Germania che negli Anni 70 e 80 matura e diventa progressista non è più il suo Paese. E infatti lui sarà a Roma, lontano dai luoghi e dai tempi.

È solo da un uomo così che poteva venire il riscatto per tutta la Germania. Un Paese dove i cattolici sono appena il 40 per cento, ma intere regioni - tutto l’Est - sono atee. E chi crede è in maggioranza luterano. Epperò la Germania è il Paese che ogni anno versa nelle casse del Vaticano la somma più alta. Anche a questo pensava «politicamente» chi, nei giorni scorsi, credeva possibile una scelta tedesca.
Non è certo questo il senso della scelta che hanno operato a Roma i cardinali. Non è ininfluente invece il fatto che la Chiesa cattolica tedesca da sempre conosca e pratichi il dialogo con la Chiesa luterana. Quando, nella cattedrale della Nunziatura, è stato celebrato un Requiem per Giovanni Paolo II e la navata era troppo piccola per ospitare tutti i fedeli, è stata una vicina chiesa luterana ad accogliere quanti volevano partecipare alla Messa anche solo con uno schermo e a permettere che chi voleva si comunicasse.

La Chiesa cattolica tedesca è dunque abituata a essere una chiesa del dialogo. Non è un caso che le sue grandi figure siano sempre teologi, e teologi dal pensiero originale. Anche a costo di uno scontro - quanti col cardinal Ratzinger! - con il Vaticano. Oggi la chiesa evangelica tedesca reagisce con grande speranza e apertura, ma anche in una linea ben precisa. Il suo presidente, Wolfgang Huber, ha dichiarato: «Spero che lo spirito ecumenico venga ulteriormente portato avanti, perché il futuro del cristianesimo può essere solo ecumenico». E il vescovo Hans Christian Knuth, presidente delle Chiese evangeliche luterane riunite, ha espresso così le sue attese: «Speriamo che Benedetto XVI faccia della preghiera di Gesù il suo programma, "ut omnes unum sint", affinché tutti diventino una cosa sola. Le chiese esempio di come la differenza non esclude la comunanza, anzi, la rende possibile».

Anche le altre religioni si aspettano molto da Benedetto XVI. Il presidente della comunità musulmana in Germania, Nadeem Elyas, ha ricordato come «il cardinale Ratzinger, come braccio destro di Giovanni Paolo II, negli ultimi anni abbia sicuramente dato un grande contributo a mettere tra le priorità l’apertura verso le altre fedi. E il presidente del Consiglio centrale degli ebrei in Germania, Paul Spiegel: «Sono sicuro che il nuovo Papa intensificherà la strada della comprensione fra cristiani e ebrei».

Se l’ecumenismo è la nota dei religiosi, la fierezza è la nota dei politici. Il presidente della repubblica federale, Horst Koehler, ha riassunto così i sentimenti del suo Paese: «Auguro al papa di avere tanto coraggio e tanta forza. Che un nostro connazionale sia diventato papa ci riempie di particolare gioia. E di un po’ di fierezza». Dalla cattolica Baviera, dove le campane hanno suonato più forte e più a lungo che altrove, arriva la felicità del ministro-presidente, Edmund Stoiber: «È un giorno storico e unico per la Baviera e tutta la Germania. Che un tedesco sia stato eletto Papa è un momento di fierezza. E un grandissimo onore». Come 27 anni fa la Polonia, ieri la Germania ha trovato il suo Papa.