benedettosedicesimo

4.21.2005

Semplice e autentico. Piacerà ai media

di VINCENZO CERAMI
In molti si chiedono in che modo Papa Benedetto XVI si metterà a disposizione di cineprese, telecamere e macchine fotografiche. E si chiedono anche se risulterà altrettanto fotogenico di Giovanni Paolo II. Non crediamo affatto che una questione del genere affanni minimamente il nuovo Pontefice, così come non preoccupò chi lo ha preceduto. Non è giusto affermare che Papa Wojtyla seppe perfettamente gestire la sua immagine. Non è così. Tutti i mezzi di comunicazione si sono giovati di una grande personalità, e non il contrario.
Mai Giovanni Paolo II ha compiuto un gesto finalizzato all'immagine. Ciò che lo ha reso così amato e popolare è stato ben altro, innanzi tutto il suo eterno peregrinare da un paese all'altro, da un popolo all'altro, da una chiesa all'altra, dove c'era più bisogno di lui, tra i giovani e tra chi aveva bisogno di conforto e speranze. Le telecamere gli sono andate dietro costantemente, anche in virtù delle serissime problematiche che quei viaggi implicavano. Egli ha amato i grandi numeri e i piccoli numeri, molto attento anche alle cose apparentemente non essenziali. Che da ragazzo sia stato attore non deve fuorviare i giudizi, mai nessuno ha potuto cogliere in lui il minimo atteggiamento affettato o recitato. Il suo carisma nasceva dalla spontaneità, da una perfetta identificazione tra essere e apparire, come se le telecamere non lo incalzassero senza sosta. A differenza dell'indimenticabile Giovanni XXIII, il quale si faceva umile tra gli umili e affettuoso pastore nel gregge, Wojtyla teneva per sé l'emozione e si presentava di fronte a tutti con un atteggiamento di affabile austerità, spesso venata di argutissima ironia. In questo modo trasmetteva sicurezza psicologica e certezza della dottrina.
La biografia, la carriera e la personalità di Papa Ratzinger fanno pensare a un suo diverso rapporto con i media, e questo perché si è falsamente convinti che Giovanni Paolo II ne avesse uno. Chi è abituato a mettere l'occhio nella macchina da presa sa perfettamente che usa il meno ingannevole degli strumenti di comunicazione, il più spietato: l'obiettivo, specie nei primi piani, racconta la verità più intima di una persona, pesca più nel non detto, nel modo di porsi più che nel contenuto dei discorsi.
D'altra parte il linguaggio del piccolo e grande schermo è mirato all'organo della vista. Una frase toccante ma pronunciata senza autenticità ha effetti opposti e dannosi. Per questa ragione l'immagine, alla fine, determina il grado di affezione dei fedeli nei confronti del Pontefice, senza che questo nulla tolga alla sua statura e al suo lavoro di guida della Chiesa. Si può essere straordinari ma non essere fotogenici. Benedetto XVI è grande uomo di studi, e, sbrigativamente, ce lo immaginiamo appartato, più attento alla sostanza dei problemi che all'apparenza e all'effimero. Sappiamo, perché lo ha detto a chiare lettere, che condurrà una durissima lotta al relativismo, per riportare al centro delle coscienze l'unicità della verità. Per raggiungere questo obiettivo, ogni atto della Chiesa deve toccare il cuore di ogni singola creatura.
Come si può ottenere risultati concreti, in questa nostra società dell'immagine, senza farsi carico dei mass media? Ratzinger ha subito mostrato come affrontare la questione, presentandosi alla piazza gremita come un umile lavoratore della vigna di Dio. D'un sol colpo ci ha detto che è uno di noi, che non lavorerà da solo. Chiederà l'aiuto di tutti i fedeli, uno per uno. E quando le cineprese si sono accese su di lui, il mondo intero ha visto un uomo scoperto, commosso e disarmato, il sorriso dipinto su un volto ancora incredulo. L'aver preso, poi, il nome di Benedetto XVI, non incoraggiando una visione di immediata continuità rispetto al suo predecessore, è la testimonianza di un'idea ricca e complessa della Chiesa. Non è stata una scelta accattivante, il messaggio è innanzi tutto di una personalità che ha idee chiare e anche nuove. È come se avesse detto: farò altrettanto bene, ma cose diverse. D'altra parte è difficile ereditare il seggio di Giovanni Paolo II, il Grande.
Difficile incidere così tanto sulla storia e nello stesso tempo tenere aperte porte e finestre agli occhi del mondo. Ci sono Papi che hanno fatto molto, senza troppo allontanarsi dalle stanze vaticane. Ma oggi è impossibile, le telecamere sono il controcampo delle azioni, lo sguardo diretto su come viene vissuta la Chiesa, dai cattolici e da chi non lo è. Papa Benedetto XVI conosce molto bene queste cose, e sa anche che il segreto del linguaggio visivo è la sincerità dei modi. Giovanni Paolo II non si è sottratto all'obiettivo anche quando la sua immagine era straziante. Ai suoi figli ha regalato sia l'anima che il corpo. Le telecamere raccontano l'anima attraverso il corpo.
Papa Ratzinger ci sorprenderà, come ha già cominciato a fare. Fugherà in poco tempo il pregiudizio di chi lo vede fermo e con il dito puntato.